Nel linguaggio pop la sigla “MILF” è diventata una specie di mascotte dell’immaginario erotico: onnipresente nei meme, nei video pornografici, nelle conversazioni più o meno ironiche. Ma dietro quella sigla c’è un mondo che raramente viene analizzato con rispetto.
Parliamo di donne reali, spesso madri o persino nonne, che lavorano come escort e che ogni giorno devono gestire un doppio ruolo molto più complesso della fantasia collettiva: quello di genitrici e professioniste del sesso. È un equilibrio fatto di tempi ristretti, logistica meticolosa, protezione della privacy familiare e scelte emotivamente impegnative.
Le testimonianze riportate nell’articolo sono reali, raccolte da conversazioni dirette: le citazioni delle escort sono reali, di escort conosciute personalmente; è stato modificato solo il nome, per tutelarne privacy e sicurezza.
Il doppio ruolo invisibile: essere madre e sex worker
La maternità, da sola, è un lavoro invisibile che pesa sproporzionatamente sulle donne, come mostrano da anni i rapporti sul welfare familiare italiano. Quando alla genitorialità si somma un’attività lavorativa stigmatizzata come il sex work, la complessità raddoppia: perché non esistono strutture pubbliche che tengano conto della loro realtà, non esiste un linguaggio istituzionale che le riconosca come lavoratrici e manca quasi del tutto una rete di supporto formale.
Per capire il contesto, è utile il quadro fornito da Osservatorio Diritti, che descrive con chiarezza come in Italia il lavoro sessuale autonomo rimanga “legalmente praticabile ma socialmente non protetto”, evidenziando l’assenza di diritti, percorsi di tutela e riconoscimenti professionali, ruotando sempre attorno a moralismi e stereotipi, senza affrontare davvero il tema come questione occupazionale e sociale.
Per una madre che lavora come escort questo significa, concretamente, nessun congedo, nessun riconoscimento del carico familiare, nessuna tutela se un figlio si ammala, nessun sostegno istituzionale. Tutto si regge su organizzazione personale, reti amicali e una gestione delle priorità spesso estenuante.
Separare lavoro e vita privata: una necessità, non una scelta
Molte sex worker che sono anche madri adottano una routine rigidissima, fatta di orari programmati, doppie SIM, studi o appartamenti separati, babysitter affidabili e un livello di pianificazione che ricorda più la gestione aziendale che la vita domestica. Questa separazione fisica ed emotiva degli ambienti non nasce da un bisogno di segretezza “scandalosa”, come spesso viene raccontato, ma da una forma di protezione verso i figli.
Lo spiega Giuliana, 40 anni, brasiliana, escort a Roma:
«Sono una mamma single e faccio la escort per la maggior parte del tempo, insieme a un part-time. Conciliare non è semplice, come per qualsiasi mamma lavoratrice. Fortunatamente ho una babysitter che mi aiuta. Mio figlio è piccolo e non sa nulla del mio secondo lavoro. La cosa importante è dividere gli ambienti: io ho uno studio dall’altra parte della città rispetto a dove viviamo».
Questo tipo di gestione è confermato anche da molte ricerche italiane sul lavoro informale femminile: separare spazi e funzioni è l’unico modo per garantire un minimo di equilibrio tra sicurezza familiare, reddito e salute mentale. In mancanza di regole chiare le professioniste sono costrette a costruirsi da sole un sistema di protezioni.
La figura delle “granny”: lavorare anche da nonne
Il mondo delle escort over 50, spesso chiamate con leggerezza “granny”, è molto diverso dalla caricatura erotica che circola online. Molte lavorano da più di vent’anni, hanno clienti storici, una routine consolidata e una professionalità che nulla ha a che vedere con la rappresentazione pornografica.
Lo conferma Rebecca, 55 anni, italiana, escort a Milano e nonna:
«Sono mamma e nonna. Ho clienti fissi che mi vengono a trovare una o due volte al mese. Lavoro da quando avevo 30 anni. Quando mia figlia è diventata maggiorenne le ho spiegato il mio lavoro e le mie motivazioni. Siamo in buoni rapporti. I clienti mi scelgono perché li rassicuro: offro un caffè, qualcosa da bere. Apprezzano le forme morbide e il sentirsi “a casa”».
In casi come questo, più che una “categoria erotica”, siamo davanti a una forma di lavoro che attraversa intere fasi della vita, accompagnando maternità, relazioni, divorzi, crescita dei figli e persino la nascita dei nipoti. Il sex work, soprattutto per le donne mature, spesso è un mestiere strutturato, non un episodio saltuario.
Tutele, legge e limiti: cosa esiste davvero in Italia?
Il quadro normativo resta quello di una zona grigia: il sex work autonomo non è illecito, ma non è regolamentato né tutelato. La conseguenza è che le lavoratrici sono lasciate totalmente allo scoperto quando si parla di maternità, salute, sicurezza sul lavoro e previdenza. Un passaggio importante c’è stato solo di recente: l’introduzione di un codice ATECO dedicato alle attività di escort e sex worker, che permette l’apertura di una partita IVA e l’inquadramento come professioniste autonome. Non è una rivoluzione, ma un segnale. Questi passi non affrontano il tema della genitorialità, ma permettono almeno di accedere a un sistema fiscale chiaro, pagare contributi e avere una base minimale per eventuali prestazioni future.
Come vivono la conciliazione lavoro–famiglia
Raccogliendo ricerche, testimonianze e dati di associazioni italiane, emergono sei linee generali:
- Pianificazione estrema: orari gestiti al minuto, appuntamenti calibrati sulla disponibilità della babysitter o sugli impegni scolastici dei figli.
- Ambienti di lavoro separati: scelta strategica per proteggere i bambini e mantenere la privacy.
- Reti di supporto informale: amiche, ex partner, sorelle, vicine di casa: spesso sono queste reti a permettere alle lavoratrici di continuare a lavorare.
- Trasparenza dosata: alcune parlano ai figli solo una volta diventati adulti; altre scelgono il silenzio per tutta la vita.
- Stigma costante: una delle difficoltà maggiori non è il lavoro in sé, ma il giudizio di scuole, famiglie altrui, ambienti istituzionali.
- Fidelizzazione dei clienti: molte MILF e over 50 basano la stabilità economica su clienti di lungo periodo, spesso rispettosi e discreti.
Una realtà che merita più spazio, non più giudizio
Le MILF e le nonne che lavorano come escort rappresentano un mondo reale, complesso e strutturato, molto lontano dalla rappresentazione superficiale a cui siamo abituati. Sono donne che crescono figli, pagano affitti, organizzano orari, mantengono relazioni familiari e cercano stabilità economica, proprio come qualsiasi altra lavoratrice. Con una differenza: lo fanno in un settore privo di protezioni e sotto il peso di uno stigma che non diminuisce mai.
Raccontare queste storie è un modo per restituire dignità e visibilità a chi vive una doppia identità senza strumenti istituzionali che la riconoscano. Finché il dibattito pubblico non affronterà seriamente il tema del sex work e della maternità, queste donne continueranno a portare sulle spalle un carico che nessun’altra categoria lavorativa deve affrontare in simile solitudine.