Per decenni l’immaginario del “mestiere più antico del mondo” è rimasto legato al marciapiede, ai lampioni e alle squallide vie di periferia. Ma oggi il sex work italiano è un arcipelago: dalla prostituzione di strada alle escort d’appartamento, dai massaggi erotici alle accompagnatrici di lusso, fino alle mistress specializzate nel BDSM. Un universo in evoluzione che cambia volto a seconda dei contesti, dei rischi e delle possibilità offerte dalla legge. Vediamo un attimo di fare chiarezza.
La cornice legale: tra libertà e divieti
In Italia la prostituzione non è reato, ma la Legge Merlin del 1958 vieta ogni forma di sfruttamento, favoreggiamento o organizzazione di terzi. In pratica, chi sceglie di offrire prestazioni sessuali può farlo, ma deve operare in autonomia, senza intermediari e senza condividere spazi con altre persone. Questo paradosso giuridico fa sì che il sex work sia contemporaneamente legale ma non regolamentato: esiste, ma senza tutele, previdenza o protezioni lavorative.Secondo le nuove tabelle dell’Istat e di Eurostat, il settore è stato riconosciuto nel 2025 con un codice Ateco specifico (96.99.92), che include “servizi sessuali, accompagnatori/escort e organizzazione di eventi di prostituzione”.
Le lavoratrici della strada: il volto più esposto
È la forma più antica e visibile del sex work. Le prostitute di strada operano in spazi pubblici, spesso in orari notturni, e hanno un contatto diretto con la clientela. Il vantaggio è la libertà di movimento; il prezzo da pagare è l’esposizione. Negli ultimi anni, però, la presenza sulle strade si è ridotta drasticamente. Secondo un’inchiesta del Corriere della Sera, la prostituzione outdoor in Italia è calata del 60 per cento in cinque anni, con molte lavoratrici migrate verso forme più sicure o digitalizzate. Le cause sono molteplici: controlli di polizia più frequenti, concorrenza online e un mercato sempre più frammentato. Come raccontano alcune intervistate, “ci restano solo i vecchi clienti, chi teme il web”. Il risultato è un sex work più invisibile, ma non per questo più protetto.
Escort d’appartamento: professionalità e discrezione
L’altra faccia del sex work è indoor, dentro case e appartamenti privati. Le escort d’appartamento fissano gli incontri online, attraverso siti di annunci o social, e lavorano in ambienti più riservati dove possono scegliere orari, clienti e tariffe. È il segmento più “professionale” del settore, caratterizzato da una gestione autonoma del tempo e della clientela. Le tariffe variano molto, ma possono raggiungere diverse centinaia di euro a incontro. Il rovescio della medaglia è la zona grigia legale: se un proprietario di casa trae profitto dall’attività, scatta il reato di favoreggiamento; e basta una segnalazione del vicinato per far scattare controlli o sfratti.
Massaggiatrici erotiche: tra benessere e taboo
C’è poi l’universo dei centri massaggio erotici, sospeso tra wellness e sensualità. Molte massaggiatrici si presentano come operatrici del benessere, altre offrono esplicitamente “trattamenti completi”. La linea è sottile: il massaggio in sé è legale, ma se l’accordo include atti sessuali in cambio di denaro, si rientra nel sex work a pieno titolo. Secondo stime dell’Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica, circa il 40 per cento delle sex worker italiane opererebbe in ambienti chiusi — appartamenti, studi o centri benessere — spesso senza contratti, tutele o accesso alla sanità.L’apparente “normalità” di una targa o di un’insegna neutra non cancella la precarietà strutturale.
Accompagnatrici e “girlfriend experience”: il sesso che non si vede
Un’altra categoria è quella delle accompagnatrici, che offrono compagnia per cene, viaggi o eventi. Il sesso può esserci o meno: spesso il confine è negoziato. Molte di loro vendono tempo e presenza, più che corpo — una “esperienza romantica simulata”, la cosiddetta girlfriend experience. Questo modello è sempre più diffuso nelle grandi città, tra professionisti e clientela internazionale. Il punto chiave non è l’atto in sé, ma l’esistenza di un accordo consensuale e commerciale tra adulti, riconosciuto come forma di lavoro. Qui, più che in altri contesti, contano immagine, cultura e comunicazione: il sex appeal si mescola alla capacità relazionale.
Mistress e mondo BDSM: potere, consenso e regole rigide
Infine c’è il regno delle mistress, dominatrici professionali che operano nel mondo BDSM.Non sempre praticano sesso: il cuore dell’esperienza è il controllo, il rituale e la gestione del potere.Le sessioni avvengono in studi privati o “dungeon” attrezzati, e seguono protocolli precisi basati su consenso e sicurezza.
Nel linguaggio della community si parla di SSC — safe, sane and consensual: sicuro, sano e consensuale. Finché resta gioco tra adulti, è lecito; ma quando entra in scena il pagamento, il quadro normativo torna incerto.
Le questioni psicologiche: tra autonomia e scissione
Il lato invisibile del sex work non è solo legale o economico, ma anche psicologico. Uno studio pubblicato su State of Mind descrive la “scissione corpo-emozione” che molte lavoratrici imparano a gestire: separare il sé privato da quello professionale. Alcune la vivono come trauma, altre come forma di controllo e libertà. La mancanza di riconoscimento sociale amplifica il peso psicologico: chi fa sex work spesso deve mentire, vivere doppie vite, affrontare isolamento o giudizio. Eppure, anche questo è un lavoro che può dare senso, autonomia e identità, se riconosciuto e tutelato.
Intersezioni: donne trans, migranti e nuove marginalità
Secondo il Movimento Italiano Trans, il 30–35 per cento delle sex worker italiane sono donne trans, molte delle quali scelgono o sono spinte al sex work a causa di discriminazioni nel mercato del lavoro tradizionale. Il Consiglio d’Europa conferma che le persone trans e migranti sono tra le più vulnerabili, spesso esposte a violenze e ricatti. A livello globale, il progetto Trans Murder Monitoring segnala che oltre il 60 per cento delle vittime trans uccise erano lavoratrici del sesso: un dato che mostra quanto la violenza colpisca ai margini della legalità e della visibilità.
Tra stigma e riconoscimento
Il dibattito politico in Italia resta acceso. Nel 2022 il disegno di legge Maiorino, pensato per rafforzare le misure contro la prostituzione, è stato criticato duramente dalle associazioni di sex worker. Come riportato dal Fatto Quotidiano, il provvedimento “penalizza le sex workers”, ignorando la loro richiesta di essere riconosciute come lavoratrici autonome e non come vittime. “Lasciate che decidano per sé”, titolava il quotidiano, citando chi chiede tutele, non sanzioni. In sostanza, il sex work non sarebbe tratta, nè stupro: è lavoro e forse si dovrebbe guardarlo senza moralismi né ipocrisie.
Conclusione
Dalla strada all’appartamento, dal massaggio all’accompagnamento, fino al dungeon di una mistress, il sex work in Italia assume volti diversi ma una stessa condizione: autonomia senza protezione.È un mestiere che riflette le contraddizioni del Paese — la libertà di fare del proprio corpo ciò che si vuole e l’impossibilità di farlo in sicurezza. Finché la legge continuerà a ignorarlo, il sex work resterà un lavoro a metà: visibile quando fa scandalo, invisibile quando chiede diritti.