Dal trucco al tabù: la cultura queer e trans che ha cambiato l’Italia

Oct 23, 2025
Dal trucco al tabù: la cultura queer e trans che ha cambiato l’Italia
Photo by Aiden Craver / Unsplash

L’Italia è un Paese che da sempre ama travestirsi, sul palcoscenico, nella moda, persino nella politica. Eppure, quando il travestimento smette di essere gioco e diventa identità, ecco che scatta il disagio. Da decenni oscilliamo tra il che coraggio! e il ma non esageriamo. Eppure, dietro l’ambiguità di palco o di costume, si nasconde un tema molto più profondo: la libertà. E forse anche una domanda che resta sospesa — quasi imbarazzante: perché le persone trans affascinano così tanto gli italiani?

Gli anni Settanta: l’ambiguità come spettacolo

Negli anni Settanta, quando la parola “queer” non era ancora entrata nei dizionari, la scena l’avevano già fatta tre personaggi che ridefinirono i confini del maschile e del femminile: Renato Zero, Amanda Lear e Anna Oxa.

Zero, con i suoi mantelli e la teatralità di un novello Ziggy Stardust in salsa romana, cantava Il triangolo no e intanto demoliva mezzo secolo di pudore cattolico. Amanda Lear incarnava la leggerezza parigina e il mistero dell’androginia. Mi piacciono le voci che dicono che sono un uomo. Almeno mi fanno pubblicità gratis, diceva ridendo. E poi Anna Oxa: appena diciottenne, truccata da androide al Festival di Sanremo del ’78, con un look dirompente ideato da Ivan Cattaneo.

Insieme mostrarono che la provocazione può essere arte, e che l’ambiguità non è confusione, ma linguaggio. L’Italia scoprì che l’identità non è un dovere, ma un gioco da imparare.

Club, luci e rivoluzioni silenziose

Negli anni Ottanta e Novanta, la vera rivoluzione queer si spostò nei club.Roma, Milano e Torino divennero città doppie: sobrie di giorno, incandescenti di notte. Il Muccassassina, il Plastic, il Banus: veri santuari laici dove piume e mascara erano dichiarazioni politiche. In pista, drag queen e trans non cercavano solo applausi: cercavano spazio. E nel buio delle discoteche italiane, illuminato da luci stroboscopiche e libertà improvvisate, nacque una generazione che faceva del corpo la propria bandiera. Per molti, la notte fu la prima vera “casa”: lì non servivano spiegazioni, bastava essere.

Le pioniere trans: dal coraggio personale alla storia collettiva

Nel frattempo, la storia trans italiana prendeva voce e volto. Giò Stajano, nipote di un gerarca fascista e dandy della Dolce Vita, fu tra i primi a raccontare pubblicamente la propria transizione. Personaggio colto, ironico, spiazzante, trasformò la curiosità morbosa in un gesto di libertà.

Marcella Di Folco, attrice di Fellini e Pasolini, portò la lotta trans nei palazzi delle istituzioni. Nel 1995 divenne la prima donna trans eletta in un consiglio comunale, a Bologna. La sua frase rimane un manifesto: Non vogliamo diritti speciali, ma diritti uguali.

Poi arrivò Vladimir Luxuria, che trasformò la politica in performance e viceversa. Dagli spettacoli al Gay Village al Parlamento, Luxuria usò ironia e cultura per raccontare al grande pubblico una realtà che la televisione, fino a quel momento, aveva solo esibito. In un Paese in cui spesso si confonde travestimento e identità, lei portò finalmente la complessità.

Nel panorama contemporaneo, altre figure hanno proseguito quel cammino: Helena Velena, punk e teorica queer ante litteram; Vittoria Schisano, attrice che ha raccontato la transizione con delicatezza e forza; H.E.R., violinista e cantautrice dal carisma magnetico; Daphne Bohemien e Carly Tommasini, performer e influencer che coniugano arte, ironia e consapevolezza.

Sono volti diversi di una stessa storia: quella di chi ha deciso di attraversare il confine del genere non per moda, ma per verità.

L’attrazione: tra desiderio, curiosità e libertà

Dietro ogni sguardo c’è un mistero. E il mistero, si sa, è erotico. Le persone trans affascinano perché uniscono opposti che la società si ostina a separare: forza e delicatezza, maschile e femminile, coraggio e vulnerabilità. Rappresentano un’alterità che seduce e spiazza. Molti dicono di essere “solo curiosi”, ma la curiosità - diciamolo - è il preludio di ogni desiderio. C’è chi cerca il proibito, chi la novità, e chi resta incantato dal coraggio di chi vive senza maschere, in un Paese che di maschere vive. In fondo, l’attrazione verso le persone trans non è solo fisica: è una forma di ammirazione per chi ha saputo riscrivere le regole del corpo e dell’anima. La libertà, quando è autentica, è la più potente delle seduzioni.

Il paradosso italiano

L’Italia resta un palcoscenico abitato da due copioni: quello del moralismo e quello della fascinazione. È il Paese che applaude Drusilla Foer per la sua eleganza fluida, e il giorno dopo discute ancora se due persone queer possano baciarsi in prima serata. Siamo il Paese che accoglie Vladimir Luxuria come opinionista ma ancora fatica a garantire una visita medica senza pregiudizi. Qui puoi leggere un articolo che parla di questo paradosso.

La verità è che l’Italia ama la diversità purché resti spettacolo. Finché è sul palco, va bene; ma appena scende in strada, torna “problema”.Eppure, proprio in questa tensione, la cultura queer e trans ha trovato la sua forza: quella di resistere con grazia, ironia e, talvolta, un eyeliner impeccabile.

Dal tubo catodico ai social: il passaggio di testimone

Oggi la rivoluzione queer e trans passa dallo smartphone. Le nuove generazioni si raccontano su Instagram, TikTok, YouTube, con un linguaggio diretto, sarcastico e terapeutico. Non cercano l’approvazione, ma la visibilità. Parlano di ormoni, di burocrazia, di amore e di lavoro con una sincerità disarmante. E mentre la tv arranca tra cliché e talk show, il web crea nuovi spazi di ascolto. Le icone di ieri diventano riferimento per i creator di oggi: l’ironia di Luxuria, l’arte di H.E.R., la lucidità politica di Marcella Di Folco. La differenza è che ora il messaggio non ha bisogno di microfoni — basta una fotocamera frontale. La cultura queer non è più “contro” qualcosa: è semplicemente qui.

La seduzione della libertà

Forse la risposta alla domanda iniziale è tutta qui. Le persone trans ci attraggono perché rappresentano la libertà incarnata. In un Paese abituato a chiedere permesso anche per essere felice, chi vive fuori dagli schemi diventa irresistibile. Eros, curiosità e rispetto si mescolano in un’unica formula: la fascinazione per chi ha osato attraversare lo specchio. La libertà, in fondo, è il vero tabù italiano e chi la indossa senza paura diventa, inevitabilmente, desiderabile.

Un Paese allo specchio

Dalla Roma glam di Renato Zero alle stories delle influencer non-binary, la cultura queer e trans racconta un’Italia che cambia pelle. Un Paese che ama la teatralità, ma che lentamente sta imparando a guardarsi anche senza trucco. Nel riflesso, a volte, si vede ancora confuso; ma almeno adesso ha il coraggio di specchiarsi. Perché in fondo — come direbbe Amanda Lear: “La gente è curiosa. E la curiosità, caro, è solo un altro nome per l’amore.”